La fluorescenza UV riveste un ruolo importante nei metodi dell’indagine diagnostica nel campo dei beni culturali, con applicazioni che non si limitano alle superfici pittoriche, ma risultano di grande interesse per lo studio delle diverse tipologie dei manufatti.
L’osservazione in UV, in quanto metodo di indagine non invasivo, ha trovato un largo impiego per l’immediatezza della risposta ma anche per la praticità con cui tale indagine può essere eseguita: l’operatore, disponendo di una lampada di Wood può facilmente effettuare una o più osservazioni della fluorescenza semplicemente oscurando l’ambiente di lavoro.

L’indagine UV può differenziare e/o evidenziare la presenza di materiali che non risultano chiaramente distinguibili in luce visibile, permettendo di ottenere informazioni sia sulla tecnica esecutiva sia sullo stato di conservazione dell’opera, come gli interventi di restauro altrimenti non individuabili.
Il fenomeno della fluorescenza riguarda prevalentemente i materiali organici come le vernici, i film di adesivi, i protettivi, i leganti pittorici che possono dare risposte diverse (fluorescenze colorate) secondo la loro natura chimica. Generalmente queste fluorescenze aumentano d’intensità con il procedere dell’invecchiamento delle sostanze stesse. La stimolazione della fluorescenza ultravioletta può essere indotta anche in materiali inorganici, definiti chimicamente puri, dalla presenza di sostanze in quantità infinitesime, resti dei processi di fabbricazione delle stesse oppure da impurità presenti per cause diverse (degradi naturali, precedenti interventi, infiltrazioni, ecc.).

Ecco perché con questo esame è spesso facile differenziare le ridipinture dalla pittura originale: i materiali sovrapposti, essendo meno antichi, risultano infatti più scuri. Con l’invecchiamento si formano fra leganti e pigmenti delle reazioni chimiche che rendono questi composti più fluorescenti, mentre le reintegrazioni pittoriche più recenti dove queste reazioni non hanno potuto aver luogo appaiono come macchie opache.
Se eseguita sui dipinti dopo l’asportazione della vernice superficiale permette l’individuazione e il riconoscimento di alcuni dei pigmenti impiegati.
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